PROLOGO: La Terra Interna, Limbo

 

In questo angolo d’inferno, la vista di una città è, diciamolo, cosa inusuale. Una città dalle forme eleganti fatta di torri di pietra dorata interconnesse fra loro, in un gioco architettonico di cui Jules Verne sarebbe stato fiero.

Per i suoi abitanti, un tempo, questa era semplicemente Karkas. Quando ancora l’intelligenza brillava con forza nelle loro menti, gli esiliati del Popolo Felino avevano deciso di costruire il proprio regno, avevano scelto la vita contro la disperazione. Nel frattempo, avrebbero fatto l’impossibile per tentare di riguadagnare la libertà che i loro aguzzini umani avevano loro tolto.

Ma il tempo era stato loro nemico. Il tempo, e la prigionia in un luogo che, come un veleno, generazione dopo generazione, aveva trasformato i fieri uomini-gatto, nati dalle arti arcane di maghi medioevali, in demoni.

Karkas oggi era un monumento in rovina, una triste testimonianza di quello che fu e che mai più sarà. Coloro che ancora speravano di potere liberare il Popolo Felino erano, adesso, grati ai suoi carcerieri. Se l’influenza della Cappa delle Ombre avesse raggiunto la Terra Interna, il mondo avrebbe conosciuto una nuova piaga, e ben letale –perché, anche in questo stato, il Popolo Felino era composto di guerrieri temibili, indistruttibili dalle forze naturali.

Neppure lei avrebbe però mai augurato un simile disastro a coloro che, in un certo senso, erano suoi parenti...

 

 

MARVELIT presenta

 

TIGRA: EQUILIBRI

di Valerio Pastore

 

 

Lei era Greer Grant Nelson. Il mondo la conosceva ormai come Tigra.

All’inizio, era stato come un gioco, per lei, nei panni della prima Gatta, quel titolo che poi sarebbe stato della sfortunata Patricia Walker[1]. Un gioco pericoloso, mortale, che quasi l’aveva uccisa. C’era voluto l’intervento della sua mentore, la Dott.ssa Tumolo, che in realtà era un membro di una branca del Popolo Felino sfuggita all’esilio, per salvarla e trasformarla nella loro suprema guerriera, Tigra.

Ne erano successe di cose, da allora, per lei. Tanti cambiamenti, tanti amici e situazioni da sfidare la comprensione umana…Ma in mezzo a quel mare tormentato, lei aveva potuto contare su una famiglia –se così si poteva chiamarla: i Vendicatori. Anche se militare fra le loro fila richiedeva decisamente più impegno che fare la solitaria o l’occasionale partner in affari di Jessica Drew[2], con loro la vita assumeva tinte e sapori nuovi…che le mancavano.

Ironicamente, si stava dirigendo verso la California, verso il QG della vecchia branca recentemente ristrutturata dei Vendicatori della Costa Ovest, quando aveva posato gli occhi sull’annuncio che occupava un intera pagina di un quotidiano a tiratura nazionale.

Ancora una volta, dal momento della decisione di aderire alla Justice, Inc., il tempo per sé stessa era stato minimo…Salvo rare, piacevoli eccezioni!

Ma il suo problema rimaneva lì. Il destino le aveva permesso di affrontarlo…Solo per scoprire che non poteva fare nulla per sé.

Tigra sospirò - stava crogiolandosi nell’autocommiserazione, quando c’era, davanti a lei, chi stava davvero peggio.

Nello specifico, il maschio di nome Grigar. Lo aveva incontrato durante la sua militanza nei primi VCA, quando ancora la parte selvaggia di lei la rendeva alquanto ‘instabile’ nelle relazioni romantiche. Allora, Grigar era il Balkatar del Popolo Felino, il loro campione -l’unico che avesse il diritto di uscire dalla Terra Interna quando evocato da un rituale mistico.

Anche se in preda ad una passione più forte di lei, Tigra aveva giaciuto con Grigar, ed aveva imparato a conoscerlo. Sapeva quanto dolore stesse passando per l’animo di lui, alla vista delle mostruosità instupidite in cui si erano trasformati i suoi simili, che ora vagavano senza meta per la città in rovina, incuranti degli stranieri che fino a poco prima avevano cercato di uccidere[3]. Grigar aveva tenuto duro per loro, per liberarli…e non poteva più farlo. Non senza condannarli a un destino peggiore della prigionia dove, paradossalmente, erano al sicuro…

“Grigar.” La voce era profonda, ma morbida nella sua gentilezza verso l’uomo-gatto dall’armatura di cuoio. La voce di un uomo-lupo bianco come la neve, vestito di un’armatura smeraldo e oro. I suoi occhi d’ambra erano pieni di comprensione per il dolore del suo compagno di squadra, ma ugualmente disse, “Devo andare, non posso rimandare ancora. Ascolta, non sei costretto a venire con noi,” dove ‘noi’ era riferito anche al grande dragone azzurro non distante, sdraiato come una sfinge. “Se vuoi, posso mandarti su Altro Regno…”

Grigar, da che era in ginocchio, si alzò in piedi. “Io…Mi terreste con voi? Non so se…”

John Jameson, Stargod, annuì, mettendogli una mano sulla spalla. Sorrideva, ma i suoi occhi erano seri come non mai. “Ti devo la vita, Grigar. Sarò felice ed onorato di averti fra i miei Cavalieri per la liberazione del mio mondo. Ora, però, è opportuno che tu riposi. Quello che sto per fare, sulla Terra, riguarda solo me[4].”

Grigar annuì, poi si voltò verso Tigra. “Sacra guerriera…Se posso osare chiederti un favore...?”

Lei non seppe cosa dire lì per lì. Di sicuro, una simile remissività in quella fiera creatura la spiazzava.

Con lo sguardo, la donna-gatto interrogò il suo attuale amante, Jack Russell, Sabre, che era anche suo collega nella JI. Il mannaro dal pelo rossiccio se ne era stato in disparte, un pesce completamente fuor d’acqua, e lo sapeva. Come sapeva benissimo che la loro relazione era qualcosa di puramente temporaneo –lei stessa lo aveva messo in chiaro fin dall’inizio.

Sabre annuì. “Avvertirò il capo…tanto, conoscendola, non credo che si muoverà prima di avere pianificato tutto fino all’ultimo dettaglio[5]. Farai in tempo a tornare per il briefing.”

Lei sorrise, cercando di nascondere il disagio interiore –aveva un bisogno disperato di pensare, e sapeva cosa Grigar le avrebbe chiesto. Ancora una volta, era giunta a un bivio..!

Sabre si avvicinò a Stargod. Questi concentrò la sua volontà sulla gemma scarlatta che brillava alla sua gola, la potentissima Godstone, e i due felini furono teleportati via.

 

Apparirono in mezzo al paradiso –almeno, tale si presentò ai sensi di Tigra, che dopo la sterile corruzione della Terra Interna, si trovò avvolta dal profumo di una foresta vergine e ricca. La fauna rivelava la sua presenza con una cacofonia che la donna non credeva si potesse più udire…Tutto, in quel posto, gridava VITA. “Questo è…Altro Regno..?”

Grigar annuì. “L’uomo, qui, è una di tre specie dominanti, insieme ai lupi ed ai draghi. La sovrappopolazione che piaga il nostro mondo, qui è assente...Anche se i problemi non mancano...Ma non voglio parlare di problemi, adesso.”

“Temo che dovremo farlo, invece...” Tigra scostò la zampona che già le stava scivolando lungo un fianco, e si mise seduta alla base di un albero. Si passò un artiglio sulla protezione metallica che la copriva dal collo allo sterno. “Per esempio, questa come devo considerarla? Come faccio a sapere che un bel giorno non mi coprirà completamente dalla testa ai piedi, come una specie di maledizione, o...o un virus..?”

Grigar le rispose con uno sguardo perplesso. “Davvero la Tumolo non ti ha detto nulla?” Scosse la testa, e ridacchiò. “Già, altrimenti l’avresti evocata da tempo...

“Quell’armatura è uno dei doni che Flavius Primus e la sua consorte fecero alla prima Tigra: un costrutto mistico indistruttibile alle armi ed alle forze naturali. Anche se non ti copre totalmente, si materializza sulle porzioni del corpo a rischio di danno.

“I tuoi timori sono, in un certo senso, giustificati: l’armatura può sfuggire al controllo, se non si impara a dominarla...Intendo dire che deve servire solo come estrema risorsa, quando tutte le altre opzioni sono esaurite. Il fatto che non sia apparsa fino ad ora depone a favore della tua bravura.”

Tigra soppesò quelle parole...e capì come mai adesso la portava. Si morse il labbro inferiore, sperando che il suo nervosismo non trasparisse eccessivamente Si alzò in piedi, e chiese, “E’ possibile che quest’armatura resti anche...contro la mia volontà?”

Grigar scosse la coda. “E’ possibile. Purtroppo, non so nulla dell’incantesimo con cui è stata forgiata. Le fonti sono andate perdute con la morte di Flavius ed Helena. So che un’armatura simile a questa ha rivestito una sovrana del Limbo, ma...”

Tigra sospirò. “Lascia perdere. È la storia della mia vita...” L’attimo successivo, si trovò avvolta dalle potenti braccia di Grigar. Ebbe un attimo di rigidità, istintiva, memore del doppiogioco che lui non esitò a sfruttare per dominarla[6]...

Ma la rigidità passò presto. Lei era in controllo di sé stessa, adesso, e lui non stava insistendo. Non c’era eccitazione, nell’abbraccio che lei ricambiò, alla fine, con piacere. C’era solo l’appoggiarsi l’un l’altro, l’aprirsi, il comprendersi...

Grigar iniziò ad accarezzarle la criniera. “Resta qui,” le susssurrò. “Non posso prometterti la pace, ma posso offrirti la mia devozione. Ti sarò vicino, e questa volta non ci saranno agende segrete...Mi vergogno ancora di avere tentato di sfruttarti allora; dammi una...” fu interrotto da un dito posato sul naso.

“Ho passato una vita, Grigar, da una persona all’altra, da un gruppo all’altro...” Tigra si sciolse gentilmente dall’abbraccio. “Sono divisa fra due identità...ho camminato una lunga strada e non sono arrivata da nessuna parte. Non posso e non voglio ripetere tutto daccapo.

“Grigar, non credo che resterò nella Justice Incorporated a lungo...Vorrei tornare fra i Vendicatori, fra coloro che mi hanno dato un affetto che nessun altro mi ha dato, ma so anche che, alla fine, sarebbe l’ennesimo tentativo di avere un surrogato di famiglia.” Gli prese le mani fra le sue, sorprendendosi della placidità di questo maschio che aveva conosciuto solo per la sua arroganza. “Non ti conosco davvero, ma non voglio non pensare ad un futuro insieme, come i nostri antenati...Ti chiedo tempo...se me lo concederai.”

Grigar annuì, e prese ad accarezzarle la gola con un artiglio. “So che saprai scegliere bene. Sei una Tigra, in fondo...”

Tigra stava praticamente facendo le fusa; in preda all’eccitazione, la sua coda si agitava come una frusta. Dio, come voleva credere che non ci fosse solo il richiamo della specie di mezzo, adesso. Si sentiva così...protetta...

“Visto che hai deciso almeno di pensarci,” continuò lui, “concediti un po’ di tempo,adesso, per esplorare questo mondo. Vuoi?”

Lei sfoggiò un sorriso malizioso. “Sai come parlare ad una donna, guerriero. Va bene...Ma rendiamolo più interessante!” Detto ciò, saltò fra i rami. Come una saetta, sfrecciò aggraziatamente nel verde, scomparendo subito alla vista.

Le sensibili orecchie di Grigar, e la vista aguzza capace di scalare nell’infrarosso, gli permisero di lasciarle un buon margine di vantaggio, un attimo prima di seguirla a ruota.

 

Sempre più in alto –era incredibile! Non sembrava esserci fine all’altezza degli alberi.

Finalmente era nel suo elemento! Lì non aveva preoccupazioni, non c’era nessuno che potesse giudicarla. Solo la foresta stermina e le prede...

Grigar era dietro di lei, sempre ad una manciata di metri. Era chiaro che stava assecondandola, faceva la sua parte nel gioco più antico...E a lei non dispiaceva affatto! Avevano entrambi un bisogno disperato di lasciarsi alle spalle gli orrori del Limbo, le miserie del mondo...

*Eep!*

Decisamente, a un passo dalla cima di una foresta che avrebbe fatto vergognare le più maestose sequoie, l’ultima cosa che lei aspettava di trovarsi davanti era un tetto: una solida struttura di legno, frastagliata, fatta non di tronchi tagliati, bensì di rami saldamente intrecciati con tanto di foglie. Perfettamente mimetizzata.

In quel momento, il suo addestramento ed esperienza da Vendicatrice pagò, eccome! Un rovinoso impatto fu in un batter d’occhio trasformato in un’elegante manovra

che la fece atterrare sulla cima del tetto. Grigar fu accanto a lei un attimo dopo. “Avrei dovuto immaginarlo,” disse lui, inaspettatamente.

“Immaginare cosa?”

“Stargod non conosce a fondo questo mondo. Ci ha portato qui basandosi sui suoi ricordi...Siamo stati qui, di recente[7]. Almeno, non ci ha portato a Kalgarn...”

Improvvisamente, come per magia, decine e decine di frecce furono puntati su di loro, in modo da coprire ogni via di fuga.

“Non so che posto sia Kalgarn, ma se è meno amichevole di così...” commento lei.

Un secco comando echeggiò fra le fronde, e le frecce furono abbassate, anche se con la dovuta prudenza.

“Bentornato a Woodgard, Grigar il Balkatar,” disse una donna dalle orecchie a punta, che procedeva in mezzo ad un manipolo di arcieri e lancieri. . I suoi capelli erano verde scuro, venate del rosso autunnale delle foglie. Il suo volto dagli ampi occhi color nocciola emanava al contempo gentilezza e fermezza. Solo poche rughe tradivano la sua età venerabile.

Grigar saltò di sotto, imitato da Tigra. “Lady Tajrra, sono onorato di vederla viva e in buona salute. Il suo braccio è guarito in fretta, vedo con piacere.”

Tigra osservò con curiosità aperta il braccio sinistro di lei: la mano non c’era più, sostituita da una specie di capsula di metallo. Se quello voleva dire ‘guarito’...

“Grigar intendeva questo,” disse Tajrra, sorridendo. Mostrò il braccio destro, costellato da una ragnatela di cicatrici. “Il Principe dei Tok in persona me lo distrusse, giorni addietro, così come mi tolse la mano. I guaritori hanno lavorato molto duramente, per sistemarlo.” E per provarlo, fletté ripetutamente la mano destra.

“Principe..?” Tigra non osava chiedere delucidazioni.

Tajrra rise di cuore. “E dire che pensavo che il vento stesso avesse trasportato la lieta novella in tutti gli angoli di Altro Regno! Grigar, devo dedurre che codesta femmina venga dal mondo chiamato degli altri Cavalieri, giusto?” si voltò, e si incamminò verso una delle tante capanne incastonate nei titanici alberi. “Ma venite. Siete pur sempre graditi ospiti, e le buone maniere non vanno messe da parte per alcuna ragione.”

Tigra guardò verso Grigar. “’Altri’ Cavalieri..?”

Lui si tirava il colletto dell’armatura come se ci stesse sudando dentro, mostrando una fila imbarazzata di zanne. “Ecco, io...”

Cionondimeno, la coppia seguì l’elfa sotto lo sguardo inquisitore del suo codazzo di guardie.

 

Non ci volle molto, a dire il vero. In tutta franchezza e fierezza, Tajrra aveva parlato delle mirabili imprese dei sei Cavalieri di Stargod, senza omettere alcun particolare, dalla liberazione di Kalgarn alle sconfitte inflitte agli invasori alieni rettiliani. Non ebbe bisogno di ricamare alcunché, eppure il suo resoconto fu come il capitolo di una saga epica. Riusciva difficile credere che di una simile compagine di eroi potesse fare parte il più che sinistro Diablo, o uno che si professava l’erede del Seminatore di Morte...

Infatti, Tigra non ci credette. Credette solo di essere stata ingannata un’altra volta da quel demone maledetto!

Schizzò via come una furia, talmente svelta che le guardie di Tajrra non ebbero nemmeno il tempo di prepararsi a fermarla, figurarsi ad inseguirla!

“TIGRA!” Balkatar corse al suo inseguimento non meno velocemente.

Tajrra uscì un attimo dopo. Aveva un’espressione perplessa, mentre scuoteva la testa. “I giovani...Che creature strane...”

 

Che le piacesse o no, lei era meno veloce di Grigar. E la sua agilità era compromessa dalla rabbia. Lui la raggiunse quasi senza sforzo, e le afferrò un braccio.

La sua voce era pura angoscia. “Ti prego! Ascoltami, stai sbagliando!”

Con forza insospettata, lei riuscì a divincolarsi dalla presa del maschio. Il suo volto era pura ferocia. “Ma davvero? In fondo, Diablo è solo un supercriminale da molto prima che fossi nata! Ha ammazzato un sacco di gente, ha cercato di uccidere svariati super-eroi...ma per voi demoni è roba da mammolette, giusto? Come hai osato cercare di coinvolgermi con simili mostri?!” avrebbe voluto scappare via...Ma non ce la faceva.

Contrariamente a quanto si aspettava, Grigar non si mostrava offeso, o arrabbiato...Il suo dolore sembrava sincero. Sapeva di stare per perderla di nuovo, e lo mostrava apertamente...

“Ascoltami, se non riesci a fidarti di me...Fidati almeno di John Jameson. Lui ci guida e sa benissimo chi siamo...Ma non gli impedisce di fidarsi di noi.

“Si sta sbagliando anche lui? Puoi dirlo e crederci?”

Tigra si mise seduta sul ramo, la testa china in avanti –e dire che una cosa che si era ripromessa era di evitarsi le complicazioni!

John Jameson. Un brav’uomo, pilota dei Vendicatori, membro dello staff a terra. Occasionalmente noto come il selvaggio Man-Wolf...Forse tornare lupo lo aveva..?

Sospirò. Si stava prendendo in giro, e lo sapeva! Era la stessa cosa per le sue relazioni: era stato facile, dare la colpa allo spirito della sua ‘antenata’ che la possedeva...No, lei era fatta così. Incapace, da una vita, di decidersi su qualcosa. Una scusa qualunque le permetteva di mollare senza pensarci su due volte. E lo stava rifacendo, proprio adesso!

Non si fidava di sé stessa, questo era il suo guaio. John era un eroe, lo stesso Capitan America avrebbe giurato su una pila di Bibbie sulla sua integrità...

“Tigra..?”

Lei riuscì ad esibire un timido sorriso. “Mi dispiace...E’ solo che mi sembra così assurdo uno come Diablo che...che...”

“Se ti può consolare,” disse Tigra, dopo essere saltato sul ramo dove lei sedeva, “Nessuno fra noi pensa che Diablo sia un ‘eroe’ come lo intendi tu. È subdolo, e della sua fama sono bene informato. Lo stesso Stargod non abbassa la guardia con lui...Ma, come hai sentito da Tajrra, per ora combatte per questo mondo, e tanto mi basta. Se osasse minacciare la vita del Dio, lo ucciderò con le mie mani.”

In quel momento, Tigra seppe che non stava mentendo. Aveva visto la fiducia scorrere fra lui e l’uomo-lupo, e non aveva ragione di credere che si trattasse di un inganno...

*!*

C’era qualcosa di comico, nel sobbalzare di entrambi nello stesso momento, seguito dal voltare le teste verso lo stesso punto nel cielo...

Grigar ringhiò terribilmente, alla vista di un dragone –un esemplare di almeno 15 metri, la cui carne sembrava essere fatta di roccia infuocata a placche. La sua cresta era puro fuoco sulfureo. Spunzoni di quarzite spuntavano all’altezza delle articolazioni e lungo la coda.

Anche Tigra si sentì di condividere i timori del maschio. Quella creatura, il cui corpo emanava anche a quella distanza un calore ben percettibile, sembrava essere fatta per la distruzione. “Lo conosci?”

“E’ il simile di un mostro di nome Satranius. Ma è più piccolo...” fu interrotto dalla voce mentale di Tajrra.

L’elfa stava proprio davanti a loro, accovacciata su un ramo senza la minima difficoltà. “E’ un drago del fuoco, la razza più pericolosa su questo mondo. Ma è molto fuori dal suo territorio...Satranius deve avere percepito l’assenza di Stargod, per osare mandare i suoi pulcini fin qui.”

“Vuoi dire che quello è un cucciolo?” Tigra non osava chiedere che dimensioni raggiungessero gli adulti!

Il dragone spalancò le fauci, e fece partire una mostruosa fiammata all’indirizzo di Woodgard! Le fitte cime degli alberi che circondavano il villaggio furono incenerite sull’istante! Ci furono principi di incendio tutt’intorno a quella distruzione, ma la grande umidità delle piante ebbe la meglio, per ora, riducendoli a qualche scintilla avvizzita.

Grigar prese Tigra per mano. Non c’era tempo per la psicanalisi, adesso.

Entrambi scomparvero,

 

e riapparvero esattamente a un passo dal collo della creatura; vista da così vicino, non c’era dubbio su quale ‘sangue’ corresse nelle sue vene.

Istantaneamente, la donna-gatto fu completamente avvolta dall’armatura contro quel calore capace di fondere il ferro! Grigar ne era, per sua stessa natura, immune. Entrambi atterrarono sulle spalle del mostro. Grigar estrasse la sua nera ascia runica.

Il drago emise un verso sorpreso, e voltò la testa a fissare quelle strane pulci. Sobbalzò. E ora cosa faceva? Il Sire gli aveva detto che non avrebbe avuto nulla da temere, che il Dio ed i suoi seguaci migliori erano via da Altro Regno!

La decisione fu presa per suo conto da Tigra, che affondò gli artigli corazzati nella roccia. Questa cedette come burro, e il contatto col metallo mistico fece volare le scintille, oltre che un flusso di lava.

Il drago ruggì, e si dimenò, dimentico della sua preda. I due eroi si aggrapparono con le unghie, e anche così sembrava di cavalcare un terremoto! Almeno, si stava allontanando da Woodgard...

“Hai un’idea di come sconfiggerlo?” chiese Tigra.

“Posso solo sperare *huff* che il suo corpo sia vulnerabile dall'interno. Non vinceremo mai, colpendolo a spicchi.”

“Credo di capire,” disse lei. Era meglio che questo mostro si arrabbiasse al punto giusto adesso, prima che lo facesse in compagnia dei suoi simili…

La donna-gatto, a fatica contro il vento arroventato dal corpo della creatura, si mise su un ginocchio come un corridore pronto alla partenza…e partì! Sotto lo sguardo ammirato di Grigar, corse lungo il collo del drago, protetta dalle fiamme della cresta…Poi, poco prima del cranio, saltò.

Grigar si preparò, mettendosi a sua volta in ginocchio, l’ascia brandita.

Tigra compiette una doppia capriola in aria, per accumulare momento…e come un fulmine, atterrò alla base del collo rettiliano! I suoi artigli scavarono a fondo nella carne. Le lame curve alle ginocchia penetrarono saldamente, in una morsa, prevedibilmente, molto dolorosa!

Di nuovo il drago ruggì il suo dolore. Prima che esso potesse diventare insopportabile, fu lei stessa a lasciare la presa, lasciandosi gettare all’indietro da uno scatto della testa –ancora una volta, ringraziò mentalmente Capitan America per i giorni spesi ad insegnarle quelle mosse!

Mentre Tigra atterrava sulla schiena, il drago voltò la testa, le fauci trasudanti fuoco liquido.

Il mostro spalancò la bocca.

Grigar lanciò la sua arma.

Il getto di fuoco partì. L’ascia sparì dentro di esso, ma proseguì la sua corsa.

Grigar teleportò via sé stesso e Tigra un attimo prima di essere colpiti –decisamente, non era il caso di verificare fino a che punto le loro difese fossero tolleranti!

L’ascia entrò. Il drago chiuse le fauci di riflesso. Ebbe giusto il tempo di mostrare un’espressione di comico stupore…Prima che la sua testa esplodesse.

 

“Però,” commento lei, osservando il corpo senza vita precipitare in uno dei tanti laghi. L’impatto generò una colonna di vapore titanica. Le venne improvvisamente un dubbio. “Grigar, quando combattemmo, nel tuo regno…Ti trattenesti?” Domanda più che legittima, visto che lei, per un breve periodo, era ritornata umana, e contro quel guerriero indossava solo il suo costume da Gatta. Costume che lui aveva fatto a pezzi come delicata seta, e senza farle un graffio sotto…

La risposta era ovvia, ma aveva bisogno di sentirsela dire…

Lui annuì. “Dovevo combattere per il mio Re ed il mio popolo, ma non potevo ucciderti.

“Ti amavo allora, e ti amo ancora.”

Era stato detto, alla fine. Una frase che, nella vita di lei, era stata pronunciata così tante volte da essere diventato un accessorio quasi privo di valore.

Lui l’amava. Un demone. Una creatura che non aveva nulla di umano…E che ora era più vulnerabile di qualunque bambino…Un demone che, per amore, aveva scelto di farsi umiliare davanti alla sua stessa gente, pronto a subire qualunque punizione il suo Re gli avesse inflitto…

Nuovamente si abbracciarono, di fronte a un cielo tinto dei primi colori del tramonto. “Solo un po’ di tempo,” mormorò lei, la testa poggiata al petto di lui. “Voglio stare con te. Dammi solo il tempo di non lasciarmi dietro affari in sospeso. Questo, almeno, ai miei amici, lo devo.”

 

Il dado era stato tratto…e quella decisione avrebbe presto aggiunto una nuova dimensione allo scontro per Altro Regno, nel bene e nel male, tanto per i Cavalieri quanto per i Vendicatori stessi…



[1] Mica tanto, essendo appena ritornata a nuova vita in INFERNO2 #3

[2] La prima Donna Ragno, per chi osasse non ricordarselo!

[3] KNIGHTS TEAM 7 #15

[4] E qualcun altro, come si vedrà in POWER PACK #15

[5] Verificare su JUSTICE, INC. #9

[6] WEST COAST AVENGERS #6-7

[7] KNIGHTS TEAM 7 #5